Documento Natale Unione Europea.
Il documento sul Natale che l’Unione Europea ha emesso di recente è forse una commedia sul Natale? Di certo il documento dell’Unione Europea merita un’ attenta analisi per comprenderne soprattutto il fine.
La situazione abbastanza grottesca ha coinvolto milioni di cittadini europei che improvvisamente si sono svegliati sotto la scure delle linee guida dell’Unione Europea riguardo i comportamenti e le parole da utilizzare nel periodo di Natale.
Le ultime news da Bruxell si possono leggere in un articolo dell’ agenzia Ansa che porta un titolo roboante : “Nuove linee di comunicazione UE, via i riferimenti al Natale” e il sottotitolo dell’articolo non è meno tuonante: “ Non usare indicazioni su religione, etnia,genere”.
Sembra che la Commissione Europea questa volta abbia veramente esagerato. Le sue linee guida hanno quasi la pretesa di essere “norme”, non solo suggerimenti. E ora la commissione europea si arroga il diritto di stabile le “norme” sulle modalità di comunicazione dei cittadini europei.
La “corretta comunicazione” secondo la commissione europea la possiamo trovare sull’ Union of Equality” un documento dove si enuncia il modo in cui si deve parlare in Europa.
Nel documento si enuncia il modo in cui i cittadini europei devono esprimersi durante le feste di Natale e il modo in cui devono scegliere il proprio nome. Nello stesso documento si enuncia inoltre la “norma” per l’abolizione dei generi grammaticali.
Analizziamo il titolo dell’articolo dell’Ansa :“Nuove linee di comunicazione UE, via i riferimenti al Natale”.
L’obiettivo della commissione europea è quello di andare a stanare parole natalizie che potrebbero essere offensive.
Le discutibili linee guida della commissione europea mettono il freno alle espressioni linguistiche già usate da un paio di migliaia di anni, espressioni che sono alla base delle radici cristiane del continente europeo.
Andare a punire le espressioni linguistiche più rappresentative della religione cristiana proprio nel periodo natalizio sembra una sorta di provocazione.
Inoltre nel testo si avanza l’ idea che per non offendere nessuno bisogna evitare di utilizzare i nomi propri tipici di una specifica religione. Il dito viene puntato in particolare sui nomi Maria e Natale.
Seguendo la logica più sensata viene da chiedersi ma Mario e Mariella si potranno usare? E per quanto riguarda Giovanni, Giacomo, Paolo, Tommaso, Natalino, Francesco ecc.. cioè i nomi degli apostoli e dei santi cristiani si potranno pronunciare?
A supporto dei capogiri linguistici della commissione europea l’agenzia Ansa nell’articolo si esprime addirittura con verbi imperativi: “ le festività non dovranno più essere riferite a connotazioni religiose, come il Natale, ma citate in maniera generica: si dovrà dire, ad esempio, le ’festività sono stressanti’ e non più ‘il Natale è stressante’.
Secondo la commissione europea sarebbe questa la corretta comunicazione in merito alle religioni.
Le linee guida della commissione europea contengono diversi capitoli ed eccoci alla questione dei generi maschile e femminile. Nel documento Union of Equality secondo la commissione europea il trattamento egualitario della persona va preso in considerazione. Pertanto non bisogna usare nomi e pronomi che siano legati al genere femminile o maschile del soggetto.
Di certo dal punto di vista linguistico sorgono non pochi dubbi soprattutto dal punto di vista grammaticale. Secondo la commissione europea dovrebbero sparire le regole grammaticali che distinguono il genere maschile dal genere femminile.
Dunque la commissione europea ci dica cosa ce ne facciamo dei dettati, delle esercitazioni scolastiche per distinguere gli articoli, tra genere maschile e femminile, ci dica cosa ce ne facciamo delle correzioni a penna rossa che abbiamo visto sui nostri quaderni per non aver saputo applicare il genere giusto alle parole.
Scrive l’Ansa: “ogni persona ha il diritto di essere trattato in maniera uguale senza riferimenti di genere, etnia, razza, religione” . Ma il genere maschile e femminile cosa c’entra con l’uguaglianza degli individui e poi uguaglianza in rapporto a cosa ? Ai diritti sociali, politici, economici o scolastici?
In realtà da questa analisi linguistica è proprio difficile districarsi sulle motivazioni dell’Ue.
Ebbene una motivazione la commissione europea ce l’avrà avuta, un fine da raggiungere ce l’avrà avuto, ma dal punto di vista linguistico non è facile trovare una logica sensata.
Viene da chiedersi ma la “corretta comunicazione” stilata nel documento Union of Equality è corretta per chi? Forse solamemte per i pochi soggetti che compongono la commissione europea. I quali improvvisamente si arrogano il diritto di imposizioni verbali che vengono confezionate in linee guida per i popoli europei.
Suvvia signori da voi ci aspettiamo un pò di buon senso, vi sembra il momento giusto di fare divagazioni linguistiche?
La reazione dei popoli europei a questa mancanza di buon senso è presto arrivata, anche tramite interrogazioni parlamentari. La commissione europea, dopo aver tentato scivolose giustificazioni, per il momento ha ritirato il documento.
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